[articolo liberamente tratto dal libro“Dialogue: rediscover the transforming power of conversation” (Dialogo: riscoprire il potere trasformante della conversazione) di Linda Ellinor e Glenna Gerard ]
Come abbiamo visto negli articoli precedenti, diffondere l’utilizzo del dialogo nelle aziende e in generale in tutti gli ambiti in cui le persone collaborano e condividono progetti è importante.
A questo punto sorge spontanea la domanda: come si fa?
In questo libro le autrici identificano 6 ingredienti fondamentali per poter creare dei momenti di dialogo in un gruppo, con la premessa che non è sufficiente conoscere la ricetta per creare qualcosa di buono. La conoscenza aiuta, ma è l’esperienza del vivere nella propria quotidianità certe modalità che ci può aiutare a dialogare con gli altri.
1. INTENZIONE
Tutto parte dall’intenzione. Se la nostra intenzione non è chiara o è più allineata con la competizione che con la collaborazione, allora non ci sono ingredienti, metodi e tecniche che ci possono aiutare a creare un dialogo con gli altri.
Questo aspetto è molto evidente in ambito politico. Lo scopo principale di tutti i partiti è quello di vincere le elezioni, di prevalere sugli altri partiti, di avere ragione. I Talk Show televisivi sono la rappresentazione chiara di cosa significa competere e “discutere”.
Se ci riflettiamo, possiamo sicuramente trovare altri esempi di competizione più vicini alla nostra quotidianità: l’ambiente di lavoro, la famiglia, l’associazione, il condominio, ….
Se desideriamo cambiare l’atteggiamento prevalente all’interno di un ambiente o di un gruppo, passando dalla competizione alla collaborazione, è fondamentale che una parte consistente degli “attori” coinvolti abbia l’intenzione chiara di farlo. E’ questo il punto di partenza .
2. SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO
A nessuno piace essere giudicato. Chi si sente giudicato dagli altri generalmente reagisce in due modi: combattendo per difendere le proprie opinioni o astenendosi dall’esprimere quello che pensa veramente. Giudicare è quindi un modo per bloccare il dialogo, per fermare sul nascere la conversazione creativa e l’emergere di nuove sintesi.
Per questo è così importante sospendere il giudizio, sviluppare cioè la capacità di osservare i propri giudizi e quelli degli altri con un atteggiamento “distaccato” e non-reattivo.
Anche nel counseling è consigliato per favorire una buona relazione con il cliente ed aiutarlo ad esplorare liberamente i propri i bisogni e le proprie difficoltà, anche se viene chiamato “accettazione incondizionata”, come indicato da Carl Rogers nel suo libro “La terapia centrata sul cliente”.
3. IDENTIFICAZIONE E SOSPENSIONE DELLE SUPPOSIZIONI
Le supposizioni sono le convinzioni che determinano i nostri giudizi. “Di lui mi posso fidare perché … (supposizione)” oppure “Di lui non mi posso fidare perché … (supposizione)”.
In tutti i gruppi che vogliono lavorare insieme è importante identificare e conoscere quali sono le supposizioni delle persone che ne fanno parte perché sono queste che determinano la direzione che prenderà il gruppo in determinate situazioni.
Oltre a conoscerle è importante sviluppare anche la capacità di sospenderle, come i giudizi, allo scopo di ascoltare altri punti di vista e di imparare nuove modalità di lavorare e di relazionarsi con gli altri. Se un organizzazione impara ad osservare le proprie supposizioni e a sospenderle pone le basi per diventare un’organizzazione in grado di imparare e di evolvere.
Allora perché spesso non lo facciamo?
Perché è faticoso; siamo abituati a considerare le nostre supposizioni come fatti che non richiedono tempo ed attenzione: è così e basta !
Fermarsi, sospendere le supposizioni, prendere in considerazione altri modi di vedere la cosa, superare resistenze e blocchi, tutte cose che richiedono attenzione, energia, intenzione, volontà.
4. ASCOLTO
La capacità di ascoltare è fondamentale per ogni tipo di gruppo, sia esso un’azienda, un’associazione, una famiglia, una comunità. Senza questa capacità non ci può essere quel flusso di informazioni essenziale per il buon funzionamento del tutto.
Le cellule del nostro corpo sono una buona metafora. Ogni cellula svolge il proprio compito ed è informata in ogni istante di quello che sta succedendo in ogni altra parte del corpo grazie ad un continuo flusso di sostanze e di onde elettromagnetiche. Se delle cellule perdono la capacità di “ascoltare” le esigenze del resto del corpo si trasformano in cellule cancerose, cominciano a proliferare senza controllo e possono arrivare a distruggere il corpo stesso.
Per favorire il flusso di intelligenza collettiva all’interno di un gruppo è importante che i propri membri imparino ad ascoltare simultaneamente a tre diversi livelli: ascolto di sé. ascolto dell’altro, ascolto di ciò che emerge dal gruppo (significato collettivo).
L’ascolto di sé è fondamentale per acquisire consapevolezza dei propri bisogni, emozioni, giudizi, supposizioni, pensieri. E’ il primo passo per poter riflettere ed eventualmente cambiare ciò che si muove dentro di noi.
L’ascolto dell’altro è un atto di rispetto, di valorizzazione di chi abbiamo di fronte. L’ascolto di permette di entrare in empatia con l’altro, di capirlo e di favorire una buona relazione.
L’ascolto di ciò che emerge dal gruppo è possibile partendo dall’ascolto di sé e degli altri. E’ collegato alla capacità di vedere l’insieme, di osservare quali sono le “strutture” che emergono da un insieme apparentemente caotico di punti di vista diversi. E’ il tipo di ascolto in cui forse siamo meno allenati ma al tempo stesso è molto importante per poter cogliere ciò che emerge dall’intelligenza collettiva.
5. ESPLORAZIONE E RIFLESSIONE
Altri due ingredienti importanti sono la capacità di esplorare e riflettere. Esplorare è collegato al fare domande per capire e ad una sana curiosità di scoprire quello che pensano gli altri, le loro supposizioni, i loro pensieri. Riflettere è collegato al fermarsi per comprendere meglio e per permettere l’emergere di nuove percezioni partendo dall’esplorazione di altri punti di vista.
L’esplorazione è favorita dall’intenzione di aprirsi a nuove idee con il rischio di essere cambiati da quello che ascoltiamo e dalla formulazione di domande aperte (come? cosa?) . La riflessione è favorita dal ritmo lento del dialogo, dalla possibilità di fermarsi per poter prendere in considerazione le relazioni fra diversi aspetti per favorire l’emergere di nuove sintesi.
6. COMUNICAZIONE NON VERBALE
Quando ci riferiamo al dialogo pensiamo ad uno scambio di informazioni attraverso la parola. In realtà sappiamo che gran parte della comunicazione tra le persone avviene attraverso canali non verbali: il modo in cui diciamo le cose, la nostra postura ed i movimenti corporei, in particolare i micro movimenti del viso.
Per questo il non verbale costituisce un canale importante per favorire il dialogo.
Possiamo utilizzare diversi metodi a questo scopo:
– espressione artistica
– meditazione
– movimento
– danza
– canto